Le poesie della raccolta Piume di Ghiaccio di Monica Buffagni vanno lette lentamente, ognuna almeno due volte, spesso 3. Una volta per assumere un’idea generale, poi una seconda volta ad alta voce, per cercare di coglierne il ritmo e il significato profondo. Personalmente, credo che la poesia parli solo se declamata. E, quindi, provare a sentire la sua resa ad alta voce, cercando di rispettare il tono adatto, la velocità, le pause brevi o lunghe, l'effetto finale... Molte le ho sentite veramente bene, mi hanno parlato fin da subito. A volte mi sono chiesto se per parlare dell'alba o della neve o della pioggia, si abbia bisogno di osservare, di vedere dal vivo quelle cose, di viverle mentre si recitano queste parole nella mente, prima di imprigionarle sulla carta. Mi ha colpito particolarmente questo componimento: "Chi è felice non aspetta. / Chi è felice vive. Rincorre i colori con il fiato nel cielo, /parla parole piene e rotonde. Chi è felice non ha ricordi. / Chi è felice non ha passato." Mi sono chiesto: esiste veramente la felicità? La gioia è conoscibile, così come il piacere, l'euforia di un momento più o meno breve, più o meno lungo. Ma la felicità che cos'è? Siamo mai stati felici? Chi è felice sa di esserlo? O sono quelli intorno a lui che se ne accorgono? Forse per lui o lei quella è la vita e basta, la vita vera. Tutto il resto è attesa. Come Le Madelaine di Proust, questa raccolta mi ha riportato alla mia infanzia, quando mi chiedevo chi fossero quelli felici. Se io ne facessi parte o meno. In fondo, questa è la funzione della poesia, che mi è stata suggerita dalla lettura della silloge. Quella di far viaggiare nello spazio e nel tempo, ma soprattutto dentro noi stessi. Di Karim Metref
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